Vissuti e narrazioni degli italiani su Facebook

Presentiamo qui i primi risultati di una ricerca finanziata dal Ministero della Ricerca e dell’Università dal titolo Relazioni sociali ed identità in Rete: vissuti e narrazioni degli italiani nei siti di social network che è il primo progetto di ricerca qualitativa su larga scala sui SNSs in Italia .

Relazioni sociali ed identità in Rete: vissuti e narrazioni degli italiani su Facebook

Gli autori di questo paper sono: Giovanni Boccia Artieri (Università di Urbino Carlo Bo), Simone Carlo (Università Cattolica del Sacro Cuore), Manolo Farci (Università di Urbino Carlo Bo), Laura Gemini (Università di Urbino Carlo Bo), Francesca Pasquali (Università di Bergamo), Marco Pedroni (Università di Bergamo), Barbara Scifo (Università Cattolica del Sacro Cuore)

Premessa

La ricerca Relazioni sociali ed identità in Rete: vissuti e narrazioni degli italiani su Facebook mira ad indagare le forme di costruzione e ridefinizione delle relazioni sociali e dell’identità degli italiani in Rete, concentrandosi in particolare sulle pratiche e i significati che gli utenti forniscono al loro stare su un Social Network come Facebook.

Su questa base, la domanda di ricerca può essere formulata in questi termini: qual è il vissuto comunicativo degli italiani su Facebook? In altre parole, se con vissuto intendiamo il frame che incornicia l’esperienza e la rende comunicabile e condivisibile con gli altri, quali sono le dinamiche di senso attraverso le quali l’utente produce e racconta ciò che egli stesso pensa di esser su Facebook?

Questa domanda non può che essere legata all’ipotesi generale secondo cui Facebook è un contesto non anonimo che presenta forti livelli di ancoraggio con la realtà offline (Zhao, Grasmuck, Martin 2008) in cui gli utenti adottano comportamenti comunicativi riflessivamente orientati alla presentazione di sé e alla gestione delle proprie reti sociali in termini di pubblico/audience.

In questo senso, la self presentation – che intendiamo come presentazione di sé – costituisce una delle questioni emergenti e imprescindibili per fornire una prima mappatura efficace dei comportamenti degli utenti italiani su Facebook.

La self presentation rappresenta una componente essenziale del vissuto comunicativo (Boccia Artieri, Gemini 2004) in Social Network come Facebook. Basti pensare al fatto che una volta iscritti, la prima operazione consiste nel costruirsi un profilo e questo richiede innanzitutto un dire di sé che passa attraverso i contenuti base di descrizione del soggetto e si estende ai post condivisi e alla propria rete relazionale (Donath, boyd 2004; boyd, Ellison 2007).

Molti studi hanno analizzato la self presentation a partire dal lavoro compiuto da Erving Goffman (1959) sulle interazioni sociali che avvengono nelle dinamiche di relazione faccia a faccia o nei contesti online – sebbene pochissime facciano esclusivo riferimento a Facebook. Nessuna ricerca, tuttavia, ha approfondito il tema della self presentation su Facebook a partire dal punto di vista dell’utente, utilizzando un campione rappresentativo della popolazione piuttosto che concentrandosi su alcune nicchie specifiche, come gli studenti dei propri corsi universitari o i teens (target privilegiato, ad esempio, degli studi di danah boyd o di altre ricerche basate su focus group) (Caers et al. 2013).

1. Metodologia di ricerca

La parte di ricerca qualitativa di cui si presentano le prime evidenze è stata svolta attraverso 120 interviste in profondità volte ad un campione rappresentativo della realtà nazionale italiana. Nella definizione del campione si è dapprima proceduto all’identificazione di quote rappresentative della penetrazione di Facebook in Italia (a partire dai dati disponibili nella piattaforma di advertising) sulla base delle variabili di genere, fascia di età e categoria lavorativa. Tali quote sono poi state distribuite in maniera uniforme tra nord, centro e sud Italia.

Da questo punto di vista si tratta del più grande studio qualitativo sull’uso di Facebook e la letteratura mostra chiaramente la necessità di questi studi che superino la logica dei singoli casi o dei campioni reperiti per convenienza (ad esempio gli studenti universitari).

Le interviste hanno contemplato tre diversi momenti relativi alla presentazione di sé su Facebook, a partire dall’auto-osservazione (tu su Facebook), dall’etero-osservazione (gli altri su Facebook) e dall’auto-osservazione di fronte al proprio profilo Facebook (guardiamo il tuo profilo). Le interviste hanno tenuto conto quindi dell’analisi riflessiva su profili, contenuti e feedback relativi ai contenuti postati online[1].

I primi e preliminari risultati presentati di seguito analizzano i diversi comportamenti messi in atto dagli utenti italiani in relazione alla self presentation su Facebook tenendo conto, prima di tutto, del modo in cui utenti molto diversi sia in termini di investimento identitario e relazionale sia sul piano dei contenuti pubblicati, costruiscano una narrazione del proprio profilo sulla base di:

  • una teoria del Self
  • una teoria del posizionamento degli altri utenti
  • una teoria del mezzo.

L’evoluzione biografica dei soggetti intervistati (sia per la loro storia su Facebook in quanto utenti di un servizio ma anche per la storia personale, in quanto persone che in questi anni sono cresciute) consente agli utenti di vivere con sempre maggior chiarezza il senso della loro posizione in Rete (Boccia Artieri 2012; Karakayali, Kilic 2013).

Per cercare di dare conto della complessità di questa evoluzione, a partire da una prima fase di analisi delle interviste realizzate – a cominciare quindi da una richiesta di porsi in ottica riflessiva circa il proprio utilizzo di Facebook – abbiamo costruito uno schema di sintesi con funzione analitica, che consenta di orientare la lettura del dato come una bussola interpretativa. Più che essere quindi un tentativo di generalizzazione, il nostro rappresenta una guida per approfondimenti successivi a partire dai primi dati ricavati.

2. Il senso di Facebook per l’identità

Facebook si è radicato profondamente nell’esperienza quotidiana, familiarizzandoci a una presentazione di sé rivolta a un’audience. Non abbiamo a che fare con una condizione di rappresentazione senza pubblico e quindi senza attenzione; non siamo in una condizione in cui la rappresentazione non comporta né responsabilità, né coinvolgimento: non dico al mondo chi sono senza doverne – in qualche modo – rendere conto (parafrasando al negativo le osservazioni di Silverstone 2002 sulle forme di rappresentazione online in chat, su Internet, ecc.). Facebook è un sito di social network non anonimo. E questo pone una differenza rispetto a molte delle diverse esperienze di ricerca esistenti sulle forme di self presentation nella comunicazione online.

In letteratura troviamo diverse riflessioni su contesti comunicativi online che uniscono assenza di corporeità ed anonimato (Turkle 1995; McKenna, Green, Gleason 2002) che consentono una sperimentazione di identità multiple e anche non convenzionali (pensiamo agli online world o ai MUD).

Facebook invece rappresenta un ambiente di “relazionalità ancorata” (Zhao 2006) in cui le relazioni online si basano anche su quelle offline (dirette o indirette, amici degli amici) e si miscelano con nuovi rapporti ma a partire da un contesto di non anonimato. Questo stato di “nonymity” (Zhao et al. 2008) apre la strada a “hoped-for possible selves” (Yurchisin et al. 2005), cioè a sé possibili auspicati.

“I sé di Facebook sembrano essere identità altamente desiderabili socialmente che gli individui aspirano ad avere offline, ma che non sono ancora stati in grado di incarnare per un motivo o per un altro” (Zhao et al. 2008, p.1830).

Non si tratta quindi di concentrarci sull’autenticità o meno del sé, ma sul fatto che con Facebook abbiamo a che fare con un ambiente che rende possibile trattare il grado di contingenza del sé, le sue possibilità diverse, attraverso strategie differenti di gestione dell’identità. Ed in questo senso diventa chiaro quanto sia importante questa gestione nel tempo a partire dalle possibilità offerte dalla piattaforma (nella sua evoluzione) e, contemporaneamente, dall’evoluzione delle biografie dei singoli individui.

self presentation

Per tale motivo, il primo asse che utilizzeremo per leggere i dati è quello della self presentation in cui troviamo i due estremi nella:

  • presentazione di sé selettiva orientata all’esclusione comunicativa: qui sono compresi i casi in cui gli utenti si riferiscono a modalità di produzione di contenuti e gestione delle relazioni tendenzialmente esclusive e selettive. La self presentation si rivela come forma di partecipazione alla comunicazione basata sulla necessità dell’utente di tenere separate le diverse forme di appartenenza alla vita sociale – per ruolo, fase biografica, interessi, ecc. – preservando un’idea del confine tra pubblico e privato. Ad esempio, per quanto riguarda la gestione dei contenuti, i comportamenti degli utenti procedono dalla tendenza ad utilizzare Facebook per condividere e parlare di temi abbastanza definiti e coerenti – anche in forme narrative molto “dense” − fino a pratiche di vera e propria autocensura degli argomenti ritenuti inadeguati o troppo personali per essere postati. Per quanto riguarda la selezione rispetto alle relazioni, i comportamenti degli utenti rimandano a network limitati ed omogenei, alla creazione di cerchie, sino all’esclusione di alcune categorie di friend dall’accesso ai propri contenuti.
  • presentazione di sé unitaria orientata all’inclusione comunicativa: qui sono compresi i casi in cui gli utenti si riferiscono a modalità di produzione di contenuti e gestione delle relazioni tendenzialmente inclusive ed unitarie. La self presentation si rivela come forma di partecipazione alla comunicazione basata sulla capacità dell’utente di accordare (compatibilizzare) le diverse forme di appartenenza alla vita sociale – per ruolo, fase biografica, interessi, ecc. In questo ambito, troviamo i casi in cui, dal punto di vista dei contenuti, gli utenti postano senza curarsi del collasso tra sfere private sociali: la gestione è orientata da scelte compatibili, ricorrendo ad una retorica della spontaneità, della trasparenza e dell’autenticità come scelta riflessiva consapevole. Spesso ci troviamo di fronte ad una sorta di accettazione delle logiche di Facebook che non motivano eccessive preoccupazioni rispetto alla (propria e altrui) privacy. Sul piano delle relazioni, quindi, abbiamo utenti che si riferiscono a network ampli, con narrazioni dirette potenzialmente all’intera audience.

 3. Essere in relazione con gli altri

 Le attività comunicative (performate) su Facebook – cioè quelle utilizzate per la self presentation – sono incentrate su manifestazioni in pubblico di connessioni sociali (o friend) – social connection. Naturalmente queste relazioni servono ad autenticare l’identità e portare il soggetto a raccordare la presentazione di sé alle proprie cerchie sociali, sia dal punto di vista della gestione dei contatti – numero e tipologia di friend ad esempio – sia dal punto di vista del tipo di contenuti da condividere o non condividere. In tal senso, l’investimento dell’utente sui suoi legami sociali su Facebook dipende dalla gestione dei contenuti.

Su queste basi, in Facebook l’identità viene trattata strategicamente in relazione al proprio milieu sociale (Liu 2007). Più in generale, avendo a che fare con un ambiente non-anonimo, possiamo evidenziare come le strategie di self presentation dipendano dal senso di anticipazione delle future interazioni (in presenza e online), fondandosi quindi su quella parte di rapporti sociali consistenti (anche se deboli) che abbiamo, creiamo e gestiamo attraverso la piattaforma (Gibbs et al. 2006). Possiamo inoltre aggiungere come le possibilità sociali su Facebook contribuiscano a sviluppare certe competenze sociali, necessarie ad indirizzare i propri orientamenti comunicativi nei confronti dei friend e, in generale, degli altri utenti di Facebook (Ellison et al. 2007). A questo proposito  danah boyd (2008) individua molto chiaramente, all’interno di un’analisi su teenager e Social Network, come in relazione alla self presentation, i giovani siano consapevoli di trovarsi di fronte a molteplici audience e orientino i loro comportamenti comunicativi nei confronti degli amici, attribuendo alle connessioni sociali un ruolo essenziale nell’abitare questi ambienti online e nel gestire le dinamiche di self disclosure.

social connections

Il secondo asse utilizzato per leggere i dati è quindi quello della social connection, in cui i due estremi possono essere individuati nella:

  • alta eterogeneità dei legami sociali: all’interno del profilo del soggetto troviamo reti sociali appartenenti a diversi ambiti di vita dell’intervistato (colleghi, amici di scuola, familiari, etc.);
  • bassa eterogeneità dei legami sociali: all’interno del profilo del soggetto troviamo reti sociali appartenenti a pochi e tendenzialmente omogenei contesti di relazione.

Da una prima analisi delle interviste condotta seguendo la griglia interpretativa basata sugli assi della self presentation e della social connection, è possibile ricavare una mappatura dei comportamenti degli italiani su Facebook che naturalmente non si riferisce ad una tipologia di utente, quanto piuttosto a tipizzazioni dello stare su Facebook così come emergono dal racconto riflessivo degli intervistati[2].

4. Analisi dei 4 quadranti

quadrato sns italia 

Quadrante I

Presentazione di sé selettiva orientata all’esclusione comunicativa – alta eterogeneità dei legami sociali”

 In questo quadrante troviamo i comportamenti di quegli utenti che, rivolgendosi ad un’audience eterogenea, ma volendo preservare selettivamente degli ambiti della self presentation rimandano a due strategie comportamentali:

1. pubblicare solo contenuti che vadano bene per tutte le reti arrivando semmai ad autocensurarsi (Pasquali et. al 2013) rispetto a certi argomenti, immagini, link:

 “se è una cosa tranquilla, non ne ho più di tanto bisogno di pensarci, se è una cosa che possa creare discussione con qualcuno non la pubblico e basta” (BG, f24).    

2. usare le liste, i gruppi, che “restringono” e selezionano a valle il pubblico avendo una forte attenzione per le funzioni che preservano la privacy:

 “non sono persone a cui voglio comunicare determinate cose o che vedano le mie foto. Le mie colleghe attuali, la maggior parte non può vedere le mie cose, cioè non mi va che le persone con cui lavoro possano vedere il mio profilo, possono vedere quello che ho pubblicato la mattina prima di arrivare in ufficio” (MI, f29).

“Poi c’è un gruppo che si chiama “no status”, che non vede il mio status. Molti sono miei colleghi adulti che hanno Facebook o mio padre, ad esempio” (MI, f29).

Quadrante II

Presentazione di sé selettiva orientata all’esclusione comunicativa – bassa eterogeneità dei legami sociali”

 In questo quadrante troviamo i comportamenti di quegli utenti che, agendo selettivamente sulla presentazione di sé, attivano strategie di chiusura attraverso cerchie molto definite – network limitati ed omogenei, esclusione di alcune categorie −, e calibrano attentamente i contenuti nella misura in cui sono rivolti ad un pubblico selezionato:

“Io praticamente su FB frequento solo un gruppo di persone che sono musicisti e lo fanno di mestiere. E quindi trovi il disco e oggi ho fatto questa cosa qua. […] Quindi conversazioni su argomenti di musica, politica 400, 500 post, litigate, persone che si bannano. Di tutto. Sempre sempre nel circuito di questi musicisti…[invece i contatti lavorativi] ho appena finito di cancellarli” (MI, f40).

Quadrante III

Presentazione di sé unitaria orientata all’inclusione comunicativa – alta eterogeneità dei legami sociali”

 In questo quadrante troviamo i comportamenti tendenzialmente di chi, attivando una presentazione di sé inclusiva, pubblica contenuti senza preoccuparsi del collasso delle sfere pubbliche e private. Questi soggetti si rivolgono a network ampi e indifferenziati giustificando questo modo di stare su Facebook, sia utilizzando la retorica della spontaneità, sia mettendo in luce l’accettazione e/o la consapevolezza delle logiche di funzionamento di un mezzo semipubblico come Facebook.

 “Questa scelta dipende dal fatto che secondo me, tutti quelli che dicono “ah no, io metto tutto privato, perché altrimenti possono vedere”…no, secondo me se tu usi un social network lo metti a disposizione di tutti…cioè, io adesso sto utilizzando molto instagram – so che non centra niente – per le fotografie…mi piace l’idea che con un hashtag tu possa essere visualizzata da una persona che vive ai Caraibi… che magari ti scrive like perché è interessato ai tramonti…tu posti il tramonto, “sunset” e così… a me piace questa idea di connessione con il mondo, quindi non vedo perché devo nascondere le mie foto o i miei post a persone…anche a me sconosciute…anche perché non scrivo e non posto nulla che non possa essere conosciuto dagli altri” (UR, f30).

 La spontaneità giustifica la pubblicazione di contenuti considerati in alcuni casi fraintendibili e problematici. Un ulteriore elemento “giustificativo” rispetto a questi contenuti pubblicati riguarda la logica della “trasparenza e autenticità” rispetto al proprio sé, alla sua unitarietà, alla sua compatibilità con l’immagine proiettata all’esterno.

“[i miei contatti] sanno che sono esuberante e trasgressiva. Il problema può essere quando ci sono persone che non conosci benissimo e magari potrebbero dire che sono esibizionista, se uno pubblica una foto con un cappello così sdraiata su una Porsche potrebbe dire che posso apparire esibizionista, ma proprio non mi interessa” (MI, f39).

Quadrante IV

Presentazione di sé unitaria orientata all’inclusione comunicativa – bassa eterogeneità dei legami sociali”

In questo quadrante troviamo i comportamenti di chi attiva una presentazione di sé inclusiva ed unitaria ma rivolta a network limitati e omogenei.

 “I miei amici [circa 40] li conosco tutti personalmente …sapendo che, Facebook di fatto la privacy non c’è, e che quindi, devi andare a gestire tutto, quindi devi ricordarti di cancellare, inserire, gestire le cerchie e via dicendo e questo io non sono, in grado di farlo per una questione di tempo, proprio, quindi inserisco lo stretto indispensabile che se anche finisce sul giornale a me non crea assolutamente problemi…non lo uso come vetrina pubblica per farmi conoscere a tutto il mondo…è una vetrina limitata” (BG, F48) 

In questo quadrante troviamo anche il comportamento di utenti poco attivi, che pubblicano poco e per un pubblico ridotto.

I soggetti dei questo quadrante sono spesso la “nuova” generazione di utenti, maturi dal punto di vista anagrafico, con una rete sociale consolidata e stabile, e che non percepiscono l’urgenza di una dinamicità delle relazioni sociali, ma che comunque considerano Facebook un elemento utile e significativo per l’inclusione sociale (il nonno con i nipoti, la persona matura per le sue passioni, recuperare “pochi” amici del passato).

 

5. Conclusioni

 5.1. Evoluzione temporale

 Facebook sembra essere giunto a un processo di maturazione e consolidamento legato sia alla biografia del servizio sia alla biografia dei soggetti. Da una parte Facebook è una piattaforma che ha avuto una propria evoluzione interna e strutturale in termini di nuove funzionalità, servizi, app: da questo punto di vista i soggetti intervistati mostrano chiaramente di avere la percezione di essere di fronte a un servizio che si è modificato e del quale in alcuni casi si sono apprezzati i cambiamenti e in altri si è cercato di resistervi. Il risultato è, nella rappresentazione dei soggetti, di essere di fronte ad uno strumento in evoluzione e di cui, giorno per giorno, bisogna comprenderne le logiche (spesso attraverso la visione delle pratiche messe in campo dagli altri).

Dall’altra parte, per un numero considerevole di soggetti, sono passati diversi anni dall’adozione di Facebook: la tematizzazione dell’evoluzione dell’uso di Facebook si accompagna spesso a significativi eventi biografici o a una generale maturazione ed evoluzione nella propria vita (Stutzman, Grossi, Acquisti 2012).

Per esempio, per molti soggetti, la rete delle amicizie e dei contatti (in termini di ampiezza) essendosi ormai consolidata, tende ad allargarsi solo in occasione di particolari momenti-soglia (nuova scuola, nuovo lavoro, nuovo hobby).

È dunque utile leggere lo schema qui esposto in termini di evoluzione e in modo dinamico: i soggetti intervistati sottolineano come ci si stia sempre più spostando da un utilizzo di Facebook dal III quadrante (esibizionistico, poco attento alla privacy, superproduttivo) a un uso più vicino ai primi due quadranti, o attraverso una riduzione dei contenuti prodotti, o a attraverso una riduzione delle reti (mediante la cancellazione di friends e la restrizione nelle logiche di ampliamento della rete) o attraverso funzionalità che consentano un uso “meno pubblico” di Facebook (chat, gruppi, liste).

Dal punto di vista evolutivo, un ultimo punto interessante riguarda i soggetti del IV quadrante, i veri “entranti” nel mondo di Facebook, che considerano sempre di più necessario “essere” su Facebook, senza fino in fondo accettarne le logiche produttive, fruitive e relazionali.

 

5.2. Consapevolezza riflessiva

Sia le scelte “più conservative” sia quelle “più spregiudicate” spesso sono scelte frutto di una “riflessione” circa il proprio stare in Rete (sullo stare in Rete con gli altri) e una riflessione sullo stare in Rete degli altri.

Guardarsi su Facebook non è solo guardare ciò che avviene nella propria bacheca, ma guardare e osservare i comportamenti degli altri nell’ambiente e vedere come gli altri utilizzano il mezzo. L’osservare gli altri su Facebook è spesso osservare “come gli altri utilizzano il social network” finendo spesso per accordarsi e comunicare con le persone con gli stessi repertori comunicativi (leggo di, parlo con, mi capisco con quelli che usano Facebook come me e con quelli che, su Facebook, sembrano come me): la significatività dal punto di vista relazionale dei contatti (sono i miei amici) non rappresenta il solo (in alcuni casi nemmeno il più importante) motivo di legame sul social network.

In questa fase d’analisi, ci sono due aspetti che emergono: da un lato, il carattere dinamico dello stare su Facebook che non permette di individuare tipologie di utenti o di differenziare in maniera così netta e precisa a partire da variabili strutturali, in quanto ciò che emerge è l’esperienza del mezzo e la biografia d’uso nel tempo che, ad esempio, può accomunare utenti anagraficamente diversi e dislocati territorialmente (nord, centro, sud così come in contesti metropolitani e realtà urbane più piccole); dall’altro lato, la capacità riflessiva che gli utenti mostrano a dispetto di quegli ostacoli e pregiudizi che rischiano di ridurre un fenomeno così ampio e complesso ad una manciata di luoghi comuni.

5.3. Contro i luoghi comuni

Uno dei primi luoghi comuni che i risultati della nostra ricerca sembrano mettere in dubbio è l’idea che le persone su Facebook – specialmente gli adolescenti – prese dalla smania di condividere con gli altri ogni loro singolo aspetto della vita privata siano totalmente inconsapevoli delle minacce relative alla privacy. In realtà, la nostra ricerca sta dimostrando che gli italiani conoscono i rischi solitamente invocati quando si parla di privacy – sorveglianza, furto di identità, sfruttamento dei dati personali – ma non se ne curano troppo perché tendono a percepirli come minacce astratte, troppo distanti dai loro vissuti quotidiani. Al contrario, gli italiani si dimostrano più interessati a gestire strategicamente la propria identità privata in pubblico attraverso un sapiente gioco di chiusura e apertura di sé che cambia a seconda della cerchia di amici a cui di volta in volta si ci rivolge.

Questo smentisce un altro luogo comune che spesso circola nell’informazione italiana: l’idea che Facebook sia uno strumento di esibizione ostentata di se stessi, una specie di palco narcisistico dove ognuno mette in vetrina la propria intimità alla stregua di una merce da vendere. In realtà, la nostra ricerca ha dimostrato che gli utenti di Facebook sono molto attenti al tipo di contenuti che decidono di condividere con gli altri e raramente amano parlare di sé in modi espliciti e ostentatori. Piuttosto che esprimere le proprie emozioni o rivelare dettagli della vita privata a tutti, gli utenti  preferiscono raccontarsi in modo implicito, usando magari le fotografie personali oppure scegliendo accuratamente le preferenze culturali, quello che piace, si legge o si ascolta.

Questo significa che Facebook non può essere considerato un mero luogo di simulazione anonima totalmente sganciato dalla realtà quotidiana. Piuttosto, Facebook è uno spazio non anonimo che offre all’utente l’opportunità concreta di enfatizzare quelle parti della propria identità che non sono facilmente esprimibili negli ambienti faccia a faccia, di mettere in scena una immagine di sé più socialmente desiderabile (sé possibili auspicabili). Ma questa immagine non va considerata come una mera maschera virtuale, dal momento che la narrazione identitaria su Facebook produce sempre un impatto importante nell’idea che una persona vuole dare di sé agli altri.

Lungi dall’essere un luogo alienante dove esibire impunemente le parti più intime di sé o uno spazio anonimo in cui simulare una identità fittizia, per gli utenti italiani Facebook rappresenta uno strumento comodo ed economico per tenersi in contatto e alimentare la rete più stretta dei propri legami sociali e, allo stesso tempo, un mezzo veloce ed efficace per osservarsi e confrontarsi reciprocamente. Analizzando le tante biografie d’uso incontrate nel corso della ricerca, abbiamo capito come gli italiani abbiano imparato a cogliere le vere opportunità offerte da un social network come Facebook: quello di essere uno spazio di riflessività connessa sul senso dell’amicizia e sul valore dei legami sociali, sulla necessità di preservare la propria sfera privata e l’opportunità offerta di raccontarsi in pubblico, come soggetto e non più semplice oggetto di comunicazione (Boccia Artieri 2012). Come dice Marco (49 anni):

“È una cosa così, anche se in effetti riconosco che sono cambiato anche io, sono più aperto al dialogo, dialogo con persone che non ho mai visto e non conosco. Secondo me, questa cosa mi ha aiutato. Qualcuno dice “ti chiudi in casa e non esci più”. Non è vero: se non parli più e non esci più è un problema tuo, al di là di Facebook”.

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[1] A differenza di ricerche concentrate solo sull’analisi dei contenuti (Mendelson, Papacharissi 2010; Zhao et al. 2008; Liu 2007) e un esiguo numero basate su interviste (boyd 2008), abbiamo integrato l’analisi di produzione dei contenuti nel racconto del soggetto attraverso stimoli relativi al suo profilo. Abbiamo poi sviluppato l’applicativo Social Network Studies Italia. Facebook data retrieval system da far installare facoltativamente ai soggetti delle nostre interviste. L’applicativo permette di raccogliere le informazioni personali fornite al momento dell’iscrizione al sito; tutte le informazioni che l’utente decide di condividere, gli aggiornamenti dello stato, foto, messaggi e commenti; la lista dei contatti; le impostazioni della privacy per l’accesso o la restrizione delle informazioni e dei contenuti pubblicati.

[2] Vale la pena di sottolineare come uno stesso intervistato possa chiamare in causa strategie comportamentali collocabili in diversi quadranti a partire dalla propria biografia d’uso.

Pratiche di video sharing su Twitter

Durante il convegno,“Così vicini, così lontani. La via italiana ai social network, Elisabetta Locatelli, Maria Francesca Murru, Simone Carlo, Nicoletta Vittadini (Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano) hanno presentato un lavoro dal titolo Pratiche di video sharing su Twitter

Social Media in 2013 Italian Election – IR14

Our presentation at Internet Research 14.0 | resistance + appropriation

In February 2013, over 35 million Italian citizens voted to renew the national parliament and Internet played an important and perhaps decisive role. From the 1st of January to 24 of February we collected data from all official Facebook and Twitter profiles of the presidential candidates. During the same period we also collected the average of political polls for coalitions and the mentions of the same group of candidates in online news media, forum, blog, Twitter and Facebook. We identified the key moments of the campaign and we manually coded the interactions on the social media profiles of the candidates with the aim of understanding the relationship between polls and social media interactions. We will therefore presents an overview on how candidates and their networked publics used social media profiles during the campaign, a general method aimed at identifying key moment in a political campaign using data from the Internet and the qualitative analysis of social media interactions during the identified key moments.

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The Genesis of Crisis Communication in Twitter: from Witnesses to Gatewatchers – IR14

Our presentation at Internet Research 14.0 | resistance + appropriation

During crisis events individuals look for information and try to share useful content or testify their own experience through social media. The research for valuable information is, relies largely on information provided by news agencies and official actors. This collective behavior leads, on a given amount of time, toward the emergence of gatewatching activities where digital media are used to reshare and to control information. This paper will investigate how this phenomenon emerge looking at the Twitter conversations produced during the first five hours after the earthquake that struck Emilia Romagna region in Italy on May 20th 2012. We have been able to detect, in the early user-led phase of the phenomenon, what kind of messages were produced and how user-produced communication results in different network structures.

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Il laboratorio aperto: limiti e possibilità dell’uso di Facebook, Twitter e YouTube come sorgente dati

Durante il convegno,“Così vicini, così lontani. La via italiana ai social network“, Davide Bennato (Università di Catania), Fabio Giglietto (Università degli studi di Urbino Carlo Bo) e Luca Rossi (IT University of Copenhagen), hanno presentato un lavoro dal titolo Il laboratorio aperto: limiti e possibilità dell’uso di Facebook, Twitter e YouTube come sorgente dati

Verso una metodologia dell’analisi visuale su Twitter. Il caso del terremoto in Emilia Romagna

Durante il convegno,“Così vicini, così lontani. La via italiana ai social network“, Laura Gemini (Università degli studi di Urbino Carlo Bo) ha presentato un lavoro realizzato assieme a Giovanni Boccia Artieri, Manolo Farci e Elisabetta Zurovac  (Università degli studi Urbino Carlo Bo) dal titolo Verso una metodologia dell’analisi visuale su Twitter. Il caso del terremoto in Emilia Romagna

 

L’evento catastrofico si rivela un importante quanto interessante luogo di osservazione delle pratiche comunicative e delle strategie narrative messe in moto dai media.

Se i media tradizionali attivano strategie sufficientemente note di rappresentazione della catastrofe – sia nella forma dell’intrattenimento sia in funzione dell’informazione mediante l’utilizzo di precisi criteri selettivi (Luhmann 2000, Chéroux 2010) – i media sociali vanno considerati come ulteriori, se non nuovi, contesti di produzione e circolazione (Jenkins 2013) dell’immaginario catastrofico. Ambienti utili a gestire il trauma in maniera diretta e “di prima mano” da parte degli utenti (Huges e Palen 2009, Bruns e Burgess 2012, Sutton 2010, 2011, 2013, Robinson 2009, Liu 2009, in Italia ad esempio la ricerca di Micalizzi e Farinosi 2013, Gavrila (a cura di 2012), Ragone (a cura di 2012), ecc.).

Certo è che in tutti questi casi l’apporto della comunicazione visuale – cioè la produzione, diffusione, uso di immagini – si rivela centrale per il trattamento simbolico dei grandi determinismi naturali (Durkheim).

Su questi presupposti, il paper presenta i risultati di una ricerca effettuata su 4257 immagini caricate dagli utenti di Twitter il primo giorno del terremoto in Emilia Romagna (20 maggio 2012).

Sulla base di tale analisi, viene proposta una tipologia di immagini a sostegno di una prima e generale ipotesi del lavoro secondo cui in occasione di eventi catastrofici, l’immagine non ha solo una funzione di re-fero cioè di testimonianza del trauma ambientale, né esclusivamente di re-ligo, ossia di  condivisione sociale del dramma. Le immagini condivise sui social network rispondono, piuttosto, all’esigenza di rielaborare in termini simbolici il trauma catastrofico, facendone un’occasione efficace per attivare nuovi rituali di socializzazione e di condivisione collettiva.

L’indagine inoltre si concentra sulla specificità di Twitter – come medium principalmente testuale e caratterizzato da precise dinamiche di connessione fra gli utenti – per individuare, attraverso una prima applicazione della social network analysis, il peso della circolazione delle immagini-tipo fino a mettere in evidenza le immagini-icona e il tipo di rete sociale che ne motiva e spiega l’emergenza e la circolazione.

La convergenza di civic e digital literacy nella partecipazione politica giovanile: riflessioni teoriche e metodologiche

Durante il convegno “Così vicini, così lontani. La via italiana ai social network“, Giovanna Mascheroni (Università Cattolica del Sacro Cuore) ha presentato un lavoro realizzato assieme a Maria Francesca Murru (Università Cattolica del Sacro Cuore) dal titolo La convergenza di civic e digital literacy nella partecipazione politica giovanile: riflessioni teoriche e metodologiche

Lo scenario italiano della Social Tv : tra comportamenti degli utenti e broadcaster

Durante il convegno  “Così vicini, così lontani. La via italiana ai social network“,  Vincenzo Cosenza (BlogMeter) ha presentato un lavoro dal titolo Lo scenario italiano della social tv: tra comportamenti di utenti e broadcaster.

Commentare le trasmissioni televisive e interagire con i broadcaster attraverso i social media sta diventando un’attività sempre più usuale. Ecco perché risulta fondamentale per gli operatori del settore affiancare alle metriche tradizionali, nuovi misuratori di efficacia. La presentazioni si soffermerà su un’analisi estesa, da gennaio ad agosto 2013, delle performance di reti e show su Facebook e Twitter al fine di contribuire alla riflessione sui cambiamenti in atto e sulle nuove metriche della Social TV.

Social Sensing: un’applicazione web basata su Twitter per il monitoraggio di eventi sismici in Italia

Durante il convegno “Così vicini, così lontani. La via italiana ai social network“,  Maurizio Tosoni (Istituto di Informatica e Telematica CNR Pisa) ha presentato un lavoro dal titolo Social Sensing: un’applicazione web basata su Twitter per il monitoraggio di eventi sismici in Italia

La condivisione di informazioni, contenuti e opinioni in rete è ormai una realtà quotidiana e consolidata. L’utilizzo dei Social Media (SM), ovvero di tutti i siti web che consentono la creazione e lo scambio di contenuti generati dagli utenti, è un fenomeno crescente anche in
Italia. Il Social Sensing si basa sulla constatazione che gli utenti, singolarmente o organizzati in gruppi, condividano una quantità tale di informazioni in rete, da fornire una adeguata conoscenza sui temi più disparati.
Le persone possono dunque fungere da “sensori sociali”: è cioè possibile risalire, dall’analisi dei contenuti scambiati, alla rilevazione di eventi che destano allarme sociale come, ad esempio, terremoti, alluvioni o altre situazioni di emergenza.
In questo ambito è fondamentale la capacità di individuare tempestivamente l’evento e riuscire ad avvisare efficacemente gli utenti. Nell’intervento sarà presentata una piattaforma per il monitoraggio, l’analisi e la visualizzazione in tempo reale di eventi che utilizza dati provenienti dai SM.
La mole di dati coinvolti, la moltiplicazione dei soggetti da analizzare e delle piattaforme utilizzate impongono la costruzione di nuove metodologie per la raccolta, l’archiviazione e l’elaborazione diquesti dati. Per caratterizzazione meglio gli eventi sono prese in considerazione anche le informazioni sulla geolocalizzazione e la semantica dei messaggi raccolti. A conclusione verrà mostrata una demo di un’applicazione che consente di rilevare i terremoti attraverso Twitter basata su un’analisi temporale e spaziale in realtime dei tweet raccolti e saranno forniti i risultati di accuratezza del sistema per eventi avvenuti negli utlimi 3 mesi.

Qui le slide dell’intervento

Così vicini, così lontani: la via italiana ai social network

copertina convegno

Siamo arrivati ad un tipping point del nostro lavoro che collasserà in un convegno a Milano il 26 e 27 settembre.

Il programma e tutte le informazioni le troverete nella pagina dedicata.

Si tratta solo di una fermata lungo il percorso che ci porterà nei prossimi mesi a destinazione. Abbiamo voluto mettere a confronto le nostre idee con quelle di molti altri ricercatori italiani e alcuni stranieri per parlare di Big Data e ricerca sociale, di e-social science e di social television. Ma ci prenderemo il lusso anche di chiacchierare con professionisti ed amatori che hanno partecipato a creare il dibattito pubblico su Internet in Italia, approfittando del prossimo compleanno di Facebook (10 anni nel febbraio 2014).

Scoprite tutto nel programma.

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